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Gioco d’azzardo, non c’è legislatore peggiore di chi fa finta di non vedere

far finta di non vedere

Nonostante gli evidenti disastri provocati dalla noncuranza del governo italiano e degli ultimi politici che riguardano la gestione del pubblico gioco, i nostri governanti continuano a mettere “toppe” invece di risolvere certe situazioni.

Si fa presto ed è molto facile dire, anche con il dito alzato “Vietiamo tutto”, in modo particolare quando di parla di gioco d’azzardo, come genericamente è solitamente definito, il settore mondiale del gioco a soldi veri.

Definizione che non distingue fra un gioco e un altro, addirittura, ancor peggio, fra quali giochi sono legali e quelli no, quando al contrario una corretta definizione e applicazione dei termini giusti permetterebbe una separazione migliore fra questi due paralleli universi, ancora attivi.

Quindi non una sola questione semantica ma, di certo un qualcosa di molto più fondamentale, che riguarda alcuni dei principi più importanti e costituzionali su cui si basano il nazionale e intero ordinamento cui dipende (o dovrebbe) anche il benessere di uno Stato e del suo popolo.

Parliamo quindi, della tutela della sicurezza e legalità, dell’ordine pubblico, oltre alla libertà d’impresa e il diritto al lavoro. La totalità dei diritti, che al contrario vengono ignorati, vituperati e calpestati, tutte le volte che si parla di chiusura delle sale da gioco.

Di conseguenza, quella delle società, direttamente e indirettamente del territorio, legate a queste tipologie d’attività. Non è necessario invocare apertamente all’assoluto divieto e al proibizionismo esplicitamente, perché la sostanza non varia neppure se si usa il linguaggio nuovo espresso dai media contro il gioco, nato dal nuovo “modus operandi” seguito da taluni regionali territori, che hanno rimpiazzato (non sempre) i concetti che riguardano l’assoluto divieto o anche la chiusura, con quelli di “delocalizzazioni” e di “restrizioni”, tramite normativi strumenti come quelli della riduzione oraria d’apertura e chiusura denominato “distanziametro”, anche senza considerare la prevista Riserva di Legge dal nazionale Legislatore sul gioco d’azzardo, dove il settore dovrebbe essere esclusivamente regolamentato a livello centrale e non con leggi mediate in modo locale.

Tuttavia, dopo un decennio di contenziosi, oltre l’allungamento della non risolta questione territoriale, si contano i danni che hanno provocato alcune regionali leggi, ancora in essere, oltre a quelli che ancora potranno causare le altre che sono in una fase d’attuazione.

Su tutte, quella che riguarda la n.5/2013 (Regione Lazio), i cui effetti saranno evidenti solo dopo il 28 agosto, dove sarà attiva le imposte restrizioni sul territorio, che prevede lo spostamento dai giochi abitati delle totali attività di gioco d’azzardo.

I danni, prima ancora di essere evidenti, sono già stati elencati dalle organizzazioni di settore, che chiedono alle locali istituzioni, o meglio allo Stato, un intervento per non far esplodere questa bomba a tempo che riguarda la regionale legge con effetti particolarmente disastrosi. Infatti, in base alle stime degli addetti ai lavori, al momento dell’applicazione della legge, quasi 13mila lavoratori potrebbero perdere il proprio posto di lavoro. Il tutto è stato considerato come “il licenziamento di massa più grande mai subito sul territorio laziale”, che per la prima volta, non è una società  a chiudere i battenti e quindi a licenziare il personale, ma il regionale legislatore a farlo.

Tuttavia, nonostante tutto questo, alcuni continuano a parlare di una giusta legge, e chi non vuole prendere in considerazione una proroga in termini di “revirement” o di proroga, come al contrario è avvenuto in molti regionali territori, dove i locali amministratori, prima o poi, si sono resi conto della pazzia “a livello giuridico”, oltre dal punto di vista economico politico, dall’avvio di certe disposizioni, nate da una superficiale regolamentazione, che nel tempo divenuta più per una tendenza che per una ideologia, con i territori vari, spacciati come “difensori della pubblica salute”, senza capire quali effetti disastrosi delle disposizioni in atto a sfavore dei cittadini e dei lavoratori.

D’altronde è stato sempre dimostrato, che gli effetti proibizionisti (di questo si parla), generano un’inevitabile ritorno al gioco d’azzardo illegale. Poiché, non è pensabile vietare totalmente il gioco d’azzardo agli italiani e non solo, oltre che ridurre le entrate ai gestori dei luoghi di gioco a soldi veri.

Di certo, sarebbe molto diverso poter adottare un diverso approccio, condiviso e graduale, basato sulla formazione degli operatori e anche sull’educazione consumistica del popolo giocatore.

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